Fraternità S. Giuseppe – Fermo

 

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Tra tutti gli aggettivi e gli appellativi che nel corso dei secoli vennero usati per riferirsi a Giuseppe, quello di custode è il più calzante, quello che meglio delinea i tratti di una personalità avvolta da un mistero che lo supera infinitamente. Etimologicamente “custodire” è insieme di vigilanza, assistenza e protezione: «Custodire vuol dire stare accanto all’altro con attenzione d’amore, rispettando e accompagnando  il suo cammino, facendosene carico, coltivando  la sua vita come bene assoluto. È in questo senso  che l’Antico Testamento usa  il termine “custode” (“shomer” in ebraico)  in riferimento al Dio della storia della salvezza: “Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele. Il Signore è il tuo custode, il Signore è la tua ombra e sta alla tua tua destra[1]”(Sal 121, 4-5)».

Da questa definizione salta immediatamente all’occhio una peculiarità: il custodire esclude direttamente il concetto di “proprietà privata”. Si può custodire solo ciò di cui non si ha la proprietà, ma che mi è stata affidato. E lo faccio perché è un qualcosa di prezioso agli occhi di Dio e della cui custodia sono chiamato a renderne conto. Dio ce lo insegna fin dagli inizi, quando terminata la creazione, affida all’uomo il compito di custodire il mondo, di prendersene cura senza tuttavia appropriarsene.

Giuseppe non ha mai pensato di usare a suo esclusivo vantaggio la vita di Gesù, di quel figlio che gli era stato affidato, anzi, ha sempre svolto il suo servizio di padre stabilendo la distanza giusta per permettere a Gesù di crescere in sapienza, età e grazia (Lc 2, 52) sotto lo sguardo benevolo del Padre, accompagnandolo in quel tratto dell’esistenza così importante e fragile, quel frammento di Nazaret in cui Gesù si è formato e definito, in un processo progressivo e quotidiano, plasmato dagli utensili dell’esistenza di ogni giorno e che Giuseppe gli ha insegnato meravigliosamente a maneggiare.

Lo stesso accade in un certo modo anche nella nostra piccola Fraternità, la quale è affidata in particolare qui a Fermo, alla custodia di San Giuseppe. Il suo esempio di vita ci insegna a vivere il nostro quotidiano con il suo stesso atteggiamento e ci spinge a considerare la Fraternità come il luogo “della cura”, in cui Dio ci ha posto e ci fa crescere, dove continua a raggiungerci con i sui doni e le sue provocazioni, dove ciascuna impara a prendersi cura l’una dell’altra. È il luogo in cui Dio ci chiama e ci interpella, in cui ci si trova faccia a faccia e ci si impegna e ci si dona reciprocamente.

L’apertura della “Fraternità San Giuseppe” risale al 2010. La dedica particolare al Padre putativo di Gesù è venuta spontaneamente. Questa casa, infatti, già veniva chiamata “casa del custode” prima del nostro arrivo, poiché abitata dal custode del Seminario e, noi sorelle abbiamo preso al volo questo suggerimento e l’abbiamo trasformata in “Casa del Custode” (con la C maiuscola!), cioè in “Fraternità San Giuseppe” – luogo fisico della Fraternità. Oggi sentiamo di esprimere la nostra riconoscenza a Dio, per questo dono e rimettiamo ancora una volta alla “custodia” di San Giuseppe, il nostro cammino di ogni giorno. 

 

[1] Bruno Forte, Custodire e coltivare la vita. Perché essere corresponsabili?, 2013

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